Introduzione Stampa
Scritto da Administrator   
Mercoledì 05 Dicembre 2012 11:47

Il software per lo screening computerizzato delle aneuploidie fetali si rinnova completamente.

Grazie anche al contributo di tutti gli operatori che nel corso degli anni hanno apportato suggerimenti, è stato sviluppato un nuovo software, più semplice, moderno, aggiornato, che risponde alle attuali esigenze della  diagnosi prenatale non invasiva. 
Cosa c’è di nuovo?
Il rinnovamento non riguarda solamente l’interfaccia grafica e la migliore fruibilità del software, ma anche il contenuto scientifico alla base dei calcoli.
Negli ultimi anni la produzione scientifica internazionale in campo di screening delle aneuploidie è aumentata notevolmente. Molti brillanti lavori descrivono nuovi soft signs in associazione alla sindrome di Down, pur tuttavia sottolineando la non sempre agevole valutazione ecografica, inserendo in tal modo un bias nell’interpretazione del soft sign nel calcolo del rischio. In altri termini, l’operatore si trova di fronte ad un duplice problema: il primo, immediato, è relativo alla fattibilità tecnica nell’individuare il soft sign (posizioni fetali sfavorevoli, scarsa ecogenicità dei tessuti sottocutanei materni, oligoamnios, ecc.);  il secondo, più subdolo, è operatore indipendente e riguarda il contributo, in termini di rischio, che quel soft sign apporta al calcolo finale.  In letteratura infatti non esiste un valore assoluto per ciascun soft sign, in quanto dipende, a parte la standardizzazione della tecnica ecografica, dalla eterogeneità della popolazione esaminata. Basti pensare ad esempio al valore (likelihood ratio - LR) che può assumere l’assenza dell’osso nasale nella popolazione caucasica o in quella africana; oppure alle recenti tavole di riferimento per la translucenza fetale pubblicate in diversi Paesi (Francia, Belgio, Svezia, Tailandia, ecc.)  che si sono rivelate essere “più sottili” delle precedenti inglesi frequentemente utilizzate. Tutto ciò ci fa capire quanto possiamo allontanarci dal fornire una più corretta valutazione del rischio di sindrome di Down. Il problema però non riguarda solo l’etnia! Molti articoli infatti fanno riferimento a popolazioni ad alto rischio, a basso rischio, quindi a popolazioni selezionate. Ovviamente il valore di ciascun soft sign sarà necessariamente diverso se indagato in una popolazione non selezionata o ad alto rischio di sindrome di Down.  Tuttavia, indagando ulteriormente per capire quali caratteristiche debba presentare una popolazione ad alto rischio, purtroppo non troviamo unanimità, in quanto i lavori pubblicati si riferiscono ad una combinazione dei seguenti parametri: età materna al di sopra dei 35 anni, familiarità diretta per sindrome di Down, positività allo screening sierologico (rischio > 1:200 oppure >1:250 oppure >1:300).
 
Inoltre, occorre sottolineare che, per definizione, lo screening "si applica ad una popolazione standard, con un rischio medio di malattia... e le procedure dello screening, prevedono che gli esami medici siano eseguiti a tappeto su tutta su tutta la popolazione, anche quelli senza alcun sintomo, indicazione clinica di malattia o familiarità per malattia.... con lo scopo di individuare il paziente da sottoporre alle successive indagini diagnostiche".
Lo screening del primo trimestre si basa sull’utilizzo di una combinazione di parametri (età materna, free beta hCG, PAPP-A e translucenza nucale), tra 11+0 e 13+6 settimane, che in diversi studi prospettici dimostrano una detection rate per le principali aneuploidie tra il 74 e il 93%, con un tasso di falsi positivi del 5%. Il calcolo del rischio si basa su ormai testati sistemi di scoring che tengono conto del singolo valore (likelihood ratio,  LR) che ha ciascun parametro (marker). Il rischio di base (o rischio pre-test) è correlato all’età materna e all’epoca gestazionale e rappresenta il punto di partenza per calcolare il rischio post-test, ottenuto moltiplicando il valore del rischio pre-test per l’LR relativo a ciascun marker presente. L’LR esprime la probabilità di aneuploidia (es. trisomia 21) con test positivo in relazione alla probabilità di aneuploidia (es. sempre trisomia 21) con test negativo. Questo tipo di valutazione consente, secondo gli studi più accreditati, di avere una detection rate per trisomia 21 intorno al 90%. 
Nel corso degli anni, al fine di migliorare la detection rate (DR) e ridurre quindi il tasso di procedure diagnostiche invasive, sono stati identificati nuovi marker ecografici (ad es. l’osso nasale, il dotto venoso, il rigurgito della tricuspide, l’angolo frontomascellare, la translucenza intracranica, l’arteria succlavia destra aberrante, ecc.) che, in realtà,  a fronte di una simile sensibilità diagnostica di circa il 90% rispetto al bitest + NT, tendono a presentare una percentuale maggiore di falsi positivi, del 2-9%. La ridotta specificità di ciascun marker e la non sempre agevole fattibilità tecnica di misurazione, insieme alla mancanza di studi robusti sul significato di tali marker in un programma di screening (cioè su una popolazione non selezionata), ne sconsigliano attualmente l’uso nella pratica clinica, anche se, da un punto di vista puramente teorico, l’utilizzo di tali marker può essere utile in popolazioni selezionate, con rischio di aneuploidia alto o intermedio. 
Un altro aspetto su cui porre attenzione riguarda l’utilizzo di LR negativi (cioè compresi tra 0 e 1):  ad esempio, il parametro da indagare ecograficamente è l’"assenza dell’osso nasale". Se tale condizione si verifica, viene applicato un LR+ che peggiora il rischio pre-test, facilitando l’identificazione della paziente a maggior rischio di aneuploidia. Non è accettabile il contrario: la mancata "assenza di osso nasale", applicando un LR-, migliora il rischio pre-test, magari ad una paziente che ha già un rischio basso (es. 19 anni).  In generale il problema degli LR deriva dal tipo di popolazione da cui sono stati estrapolati, spesso con caratteristiche di base molto eterogenee (basso vs alto rischio) e quindi con diversa prevalenza del fattore di rischio nei soggetti malati e nei sani. Pertanto, attualmente, finché non vengono condotti studi su popolazione non selezionata, si raccomanda di non utilizzare gli LR- nella pratica clinica.
Per quanto riguarda i marcatori biochimici di aneuploidia, sempre con lo scopo di migliorarne la detection rate, negli ultimi anni si è proposto di anticipare la valutazione sierologica (free beta hCG e PAPP-A) a 9-10 settimane ed eseguire l’ecografia a 12 settimane ovvero PAPP-A a 9 settimane e free beta hCG ed ecografia a 12 settimane. In tal modo si poteva raggiungere una detection rate del 95%. Ma tale entusiasmo si è  successivamente ridotto, portando l’autore stesso a sostenere che i costi, l’accettabilità e la mancata compliance delle pazienti e delle strutture coinvolte, possano superare di gran lunga i vantaggi di uno screening in 2 o 3 tempi. Anche l’interesse verso l’uso dei nuovi marcatori biochimici (inibina A nel secondo trimestre, ADAM12, ecc.) si è presto ridimensionato, non solo per i maggiori costi, ma anche perché spesso non si ottengono miglioramenti significativi dello screening.
Invece, nella pratica clinica, molto più importanti per un’adeguata valutazione del rischio, sono i vari fattori di correzione da applicare caso per caso e relativi all’etnia, al peso corporeo materno, alla metodica di concepimento (se con fecondazione assistita, omologa o con ovodonazione), al fumo di sigaretta, al diabete materno, alle precedenti aneuploidie, alla gemellarità, ecc.
 
Lo SCA-TEST® v2.0, in continua evoluzione ed aggiornamento, risponde alle esigenze dell’operatore, unendo semplicità e tecnologia, e prendendo in considerazione quanto di più corretto e innovativo è presente in letteratura. Dal punto di vista scientifico il calcolo si basa sugli ormai consolidati parametri di screening.
Dal punto di vista informatico, il software si presenta con una nuova interfaccia grafica, più intuitiva e di semplice accesso. E’ stata ad esempio notevolmente facilitata la gestione delle gravidanze gemellari. La scheda del follow-up è stata ampliata e fornita di tutti gli elementi essenziali per la creazione di un database in continuo aggiornamento che, a sua volta, andrà a migliorare la pagina dell’audit in cui l’operatore potrà verificare l’accuratezza delle misure effettuate.  In questo modo viene a crearsi un dialogo continuo tra il singolo operatore e l’intera comunità di operatori, mediati dal lavoro continuo degli statistici e degli informatici. Il tutto con lo scopo di apportare innovazione con semplicità.
Ultimo aggiornamento Mercoledì 05 Dicembre 2012 11:50